Marion Baruch a Palazzo della Loggia Brescia

L’esposizione, nuovo appuntamento di Meccaniche della Meraviglia, propone per la prima volta a Brescia la ricerca di un’artista cosmopolita, nota a livello internazionale e conosciuta nei più grandi musei del mondo.

 

La rassegna permette al pubblico di visitare il Sottotetto di Palazzo della Loggia, luogo di grande fascino e suggestione della città, raramente accessibile.

 

A cura di Ilaria Bignotti, Beatrice Cuccirelli e Camilla Remondina

Dal 26 settembre al 25 ottobre 2025, nel Sottotetto di Palazzo della Loggia a Brescia, un ambiente straordinario, raramente accessibile al pubblico, formato da una possente struttura in legno di rovere e larice posto sotto la cupola di piombo dell’edificio rinascimentale, si tiene la personale, la prima mai dedicata in ambito bresciano, a Marion Baruch, artista cosmopolita, nota a livello internazionale e conosciuta nei più grandi musei del mondo.

 

L’esposizione arricchisce il programma della diciannovesima edizione di Meccaniche della Meraviglia, l’iniziativa di arte contemporanea con la regia di Albano Morandi diffusa nel territorio di Brescia e nella sua provincia, realizzata in collaborazione con il Comune di Brescia e la Provincia di Brescia, cofinanziata e patrocinata dalla Camera di Commercio di Brescia.

 

La mostra, dal titolo COTIDIE TRADĔRE, a cura di Ilaria Bignotti, Beatrice Cuccirelli e Camilla Remondina, si apre nel piano ammezzato con Ron Ron, un’opera storica datata 1972 e composta da un gomitolo di tessuto ed ecopelliccia, una presenza quieta che stimola nel visitatore la sensazione di trovarsi in un ambiente domestico, e con un grande Alveare, una griglia soffice e chiara del 2017, un ulteriore rimando iconico alla casa e alla città, al luogo operoso dove ciascuno compie il proprio dovere per il bene della comunità.

Nell’ampio sottotetto, fluttua Quel che rimane del cielo, un grande lavoro del 2024 in tessuto azzurro, colore che suggerisce la vicinanza alla volta celeste, ma che rende contemporaneamente omaggio alla Città di Brescia. L’opera si unisce a un ideale “laboratorio ricostruito” dell’artista, un vero e proprio “retroscena” formato da molti tessuti e dagli strumenti attraverso i quali le stoffe vengono trasformate in creazioni artistiche.

 

Nata nel 1929 a Timisoara in Romania, da genitori ungheresi, Marion Baruch ha saputo attraversare avanguardie e linguaggi, inventando pratiche artistiche oggi al centro del dibattito contemporaneo, al punto da ascriverla tra le madrine della performance art, tra le protagoniste dalla fiber art e tra le fondatrici dell’arte partecipata. La sua storia biografica si intreccia con la sua ricerca creativa. Fuggita dalla Romania, si rifugia prima a Gerusalemme, dove frequenta la Bezalel Academy of Arts and Design, per poi proseguire gli studi a Roma e infine trasferirsi a Parigi. In tutto questo andirivieni di culture, mutamenti, nomadismo sperimentale, Marion Baruch definisce con chiarezza la cifra linguistica più esatta del suo lavoro: il tessuto scartato dal processo produttivo, il tessuto di risulta, ovvero ciò che resta di un abito.

 

La mostra sarà visitabile solo su prenotazione nei seguenti giorni: venerdì 26 settembre (inaugurazione) dalle 17.30 alle 20.00; sabato 4 ottobre, 10-13 e 15-21; venerdì 10 ottobre, 15-18; sabato 11 ottobre, 10-13 e 15-18; sabato 18 ottobre, 10-13 e 15-18; sabato 25 ottobre, 10-13 e 15-18. Per prenotazioni: info@guidaartistica.com

 

Il programma di Meccaniche della Meraviglia 19 propone, inoltre, a Brescia fino al 28 settembre 2025 la personale di Luca Caccioni, a cura di Walter Guadagnini, al MO.CA – Centro per le nuove culture e l’installazione sonora We don’t end, curata da Marco Pierini, del sound artist e musicista Luca Formentini al Bunkervik; prosegue fino al 19 ottobre 2025 presso Leonesia – Fondazione Vittorio Leonesio, a Puegnago del Garda, la mostra di Corrado Bonomi, Il Cardellino, a cura di Alberto Fiz.

 

Marion Baruch. Note biografiche

Nata in Romania nel 1929 da genitori di origine ungherese, Baruch studia per un anno all’Accademia di Belle Arti di Bucarest prima di trasferirsi alla Bezalel Academy of Arts and Design di Gerusalemme, dove segue i corsi di Mordecai Ardon, pittore e artista del Bauhaus.

All’età di 24 anni tiene la sua prima mostra presso il Micra Studio di Tel Aviv, grazie alla quale ottiene una borsa di studio che le consente di recarsi in Italia. A partire dal 1955 studia all’Accademia di Belle Arti di Roma. Inoltre, Baruch lavora con pionieri del design tra i quali A. G. Fronzoni (1969-70) e Dino Gavina, con il quale sviluppa due oggetti di design radicale, Ron Ron e Lorenz, appartenenti alla serie Ultramobile. Negli anni Novanta inizia a firmare le sue opere con lo pseudonimo di NAME DIFFUSION, iscritta come società nel registro delle imprese, con la quale realizza diversi progetti e attività come collettivo di artisti. Dal 1993 al 2010 Marion Baruch vive e lavora a Parigi, per poi tornare in Italia, dove tutt’ora risiede ed opera.

Le sue opere più recenti perseguono la ricerca dialettica tra arte e società, affrontando temi legati al corpo, al linguaggio e al consumo eccessivo di risorse. Attraverso gli scarti dell’industria della moda, le sue “sculture tessili” introducono un dialogo tra due forze immateriali: lo spazio e la memoria.

Oltre ad essere esposte in istituzioni internazionali quali il Center for Contemporary Art (Tel Aviv-Yafo), il Museo Nazionale d’Arte Contemporanea della Romania (Bucarest), il Centre Pompidou (Parigi) e molte altre, le sue opere si trovano anche nelle collezioni di: Kunstmuseum Luzern (Svizzera), MAMCO (Ginevra), Roche Art Collection (Basilea), Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (Francia), Triennale (Milano), Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (Roma), Museion (Bolzano), Groninger Museum (Olanda), Turner Contemporary (Margate), Kunsthalle Friart Fribourg (Svizzera) e MA*GA (Gallarate). La sua opera è oggi al centro di un’attenta ricerca scientifica e di un paziente lavoro di catalogazione e archiviazione condotto dalla nipote, Beatrice Cuccirelli, che è tra le curatrici della mostra bresciana.








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