Oltre il futurismo la collezione Bocca-Giacomoni da Matteo Salamon per le Gallerie di Palazzo Cicogna

 

Oltre il Futurismo

Severini, Depero e gli Inediti di Grosz e Tadini della Collezione Bocca-Giacomoni

Inaugurazione
11 novembre 2025
ore 18:00


Il filo conduttore dell’esposizione sono le passioni artistiche di questa straordinaria coppia di collezionisti, ricordati a un anno della scomparsa di Silvia Giacomoni, avvenuta lo scorso 15 marzo, all’età di 87 anni. C’è un legame profondo tra le opere presentate in questa mostra e la visione artistica della Salamon & C., Galleria con sede al piano nobile del prestigioso Palazzo Cicogna, a pochi passi dalla casa che Bocca e Giacomoni hanno condiviso e allestito, dai pavimenti ai soffitti, con ricordi che testimoniano quarantacinque anni della loro vita.


Già dalla fine degli anni ‘60 Giorgio Bocca e Silvia Giacomoni avevano fatto della loro casa di via Bagutta a Milano un luogo dove accogliere amici e colleghi, stringendo amicizie durature nel segno dell’arte. Qui si potevano incontrare, Sandro Orsi e Philippe Daverio - le cui gallerie erano a un passo – Emilio TadiniTullio PericoliAndrea Branzi e tanti altri.


Da queste intense frequentazioni ha preso vita un pezzo dopo l’altro, una collezione sempre più grande, opere che si affiancavano le une alle altre sulle pareti. Così accanto a un arazzo di Fortunato Depero si poteva trovare un Tadini dedicato a Silvia, un Groszcomprato per innamoramento o un enigmatico ritratto di signora di Severini. Conosciuto come ritrattista di grandi uomini di cultura, tra i quali spicca Eugenio Montale, Tullio Pericoli si rivela attraverso il suo delicato e giocoso “Matita per scrivere a Silvia”: il suo complesso rapporto con l’arte – la matita attorcigliata su se stessa – si scioglie nella testimonianza affettuosa della dedica alla “Cara Silvia … con un abbraccio Tullio”.

Da un trasloco all’altro, la collezione si è via via ampliata in un dialogo che si rinnova scaturito da spazi e luci sempre diversi: “Lì, sopra quel divano, potrebbe stare bene quella grande natura morta di Simone del Tintore. Là, vicino alla stufa, c’è lo spazio perfetto per il raro Thayaht futurista”. Questo “Paesaggio Spaziale” (1914) – ora in mostra - è una delle opere più affascinanti del pittore fiorentino: due obelischi di mattoni grigi si ergono fieri tra onde morbide di giallo, arancione e blu, come sentinelle di un mondo in continua metamorfosi. Per gli estimatori della scultura capace di dialogare con la luce, è doveroso l’omaggio all'opera senza tempo di Arnaldo Pomodoro. L’artista si presenta in doppia veste, con due bronzi dorati: la piccola Piramide, esemplare numero 46 su 50 realizzati nel 1985, si fa notare nel richiamo alla celebre serie degli anni Settanta. Il bronzo, protagonista assoluto, riflette e amplifica la luce che si insinua tra le superfici lisce e le audaci spaccature geometriche: una ricerca che Pomodoro ha porta avanti rinnovandola continuamente in un gioco misterioso di volumi e superfici.

Fortunato Depero è il grande protagonista della collezione. In esposizione, spicca il vivace arazzo realizzato nel 1924: un gondoliere affronta con coraggio onde tempestose, guidato unicamente dalla luce di un faro. La lanterna, scomposta in rigorose forme geometriche, diventa il simbolo stesso della meta da raggiungere dopo la lotta contro le avversità. Il tema del barcaiolo impegnato a domare i flutti non è nuovo nell’opera dell’artista: simili figure ricompaiono infatti in due versioni del “Coleottero veneziano” custodite in una collezione privata a Rovereto, così come in altri due “Gondolieri”, vicinissimi per stile e datazione – rispettivamente conservati in collezioni private a Brescia e a Verona – tutti datati allo stesso anno del celebre arazzo. Quest’ultimo è entrato a far parte della collezione di Giorgio Bocca nel 1976, dopo la scomparsa di Rosetta Amadori, moglie di Depero e precedente proprietaria dell’opera. Ma Depero ritorna anche con un arazzo futurista, popolato da una serie di Somarelli: le figure degli asinelli si ripetono ritmicamente lungo la cornice e si ritrovano anche al centro, dove due animali identici si fronteggiano in bilico sulle zampe posteriori, in una composizione che esprime tutta la forza della ripetizione e del dinamismo futurista. Con uno sguardo all’indietro, la protagonista del raffinato ritratto femminile esposto è Fernande Costa-Torro, titolare di una boutique situata in Rue Damrémont a Montmartre, ci riporta nel vivo della Parigi della Belle époque. Nel 1911 il pittore e amico Gino Severini la rappresenta frontalmente, mettendo in evidenza il décolleté, al di sotto del collo ornato da pelliccia. Indossa un cappello parigino appariscente, autentico status symbol della borghesia europea d’inizio Novecento, di quella epoca luminosa che da lì a poco sarebbe tramontata.

 

A queste opere si è scelto di accostarne altre cinque di diversa provenienza, selezionate con cura per integrarsi nel percorso: ritroviamo Depero con i suoi Balli Plasticicui si affiancano le opere di Bonalumi, Manzoni e due dipinti di Ennio Morlotti.

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